lunedì 11 marzo 2013

Il Ragno di Malnate

Dedicato alla vecchia IV A
http://www.youtube.com/watch?v=RMB3M43AEpc


Oggi voglio raccontarvi una storia. Una storia vera.
E’ la storia di una montagna e di due uomini che ne hanno scalato la vetta. Una montagna che domina la Patagonia, sola, solenne, sbruffona. Lì nella terra del fuoco, ai confini del mondo che consociamo. Una terra troppo lontana anche per essere immaginata. Luoghi sentiti nominare, narrati, caricati di immagini sublimi.
E’ li che svetta la torre Egger, a fianco del Cerro Torre, cime tante volte sfiorate e solo, forse, poche volte raggiunte nella notte dei tempi dell’alpinismo mondiale. Prende il nome da Toni Egger, che morì nel 1959, travolto da una valanga dopo averne raggiunto la cima. O almeno così afferma Maestri, il suo compagno di allora, che non potè mai dimostrare la conquista perché Egger, cadendo, portò con sé la macchina fotografica che documentò l’impresa. La torre da allora diventò una delle tante leggende che gli alpinisti del mondo si raccontano nelle notti stellate d’estate. Vecchio pallino di tanti. Sogno ricorrente di tutti quelli che praticano questo sport.
Fino a quando tre anni fa, Matteo, un alpinista di 26 anni, non cercò, insieme ad un compagno, di scalare la famigerata parete ovest della torre. Un muro verticale, liscio, di granito levigato nei secoli dal vento oceanico che spira cattivo, senza sosta. Iniziarono a salire sfidando le estreme condizioni atmosferiche di quei luoghi. Il maltempo non cessò, mai, finchè non riempì interamente la parete di ghiaccio. I due si dovettero fermare, dovettero tornare indietro. Sarà per l’anno prossimo. La montagna rimase così inviolata, ancora una volta, fiera e orgogliosa.
L’anno dopo non andò meglio. Matteo e il suo compagno di sfide arrivarono un po’ più vicino ancora, ma anche questa volta qualcosa andò storto. Qualcosa si ruppè e Matteo cadde per tre metri nel vuoto perdendo la telecamera e facendo sbattere la bocca del compagno su un blocco di ghiaccio. Rimasero sospesi nel vuoto, appesi ad una corda attaccata per miracolo ad un friend di ferro incastrato nella roccia, decisamente troppo piccolo per reggere entrambi. Fu un miracolo appunto, quasi qualcuno tenesse quella corda dall’alto…..
Chi ha avuto la fortuna di conoscere un alpinista sa che la determinazione e la tenacia sono le due più grandi qualità che possiede. Non si danno per vinti, mai. Perché per arrivare in cima alle loro vette sanno di dover fare fatica, e che essa fa parte del gioco, anzi, è pure il bello. Sanno che non è mai un’impresa facile. Sognano la meta, la visualizzano, continuano a pensarla, senza sosta. 
E così ha fatto Matteo, il ragno di Malnate. Pochi giorni fa, il 3 marzo, Matteo è arrivato in cima alla vetta, con un altro ragazzo giovanissimo. I due sono i primi al mondo che hanno violato la parete ovest della Torre Egger, la vetta a guardia della Patagonia.
Non so sinceramente cosa si possa provare nel momento in cui, esausto e sfinito, metti piede sulla cima di una montagna come quella. Posso solo provare ad immaginarlo. Penso che per un attimo passi tutta la fatica. Credo che arrivi una voglia incontenibile di urlare al mondo che ce l’hai fatta. Suppongo che possa essere il momento più emozionante della vita di un uomo. Immagino, ma non lo so. Quello che invece so, è a chi Matteo ha dedicato la sua vittoria. Non ho dubbi a chi abbia pensato durante tutto il tempo della scalata e poi quando ha guardato dall’alto l’orizzonte, e forse anche più su. Ha pensato al suo maestro, ha pensato a suo papà. Fabio.

Ho letto questa storia per caso, una mattina come tante, sul giornale, un trafiletto di quelli che si nascondono e a volte non si fanno trovare. Non so perché abbia attirato la mia attenzione, o forse si, ma più andavo avanti più prendevo consapevolezza di chi stesse parlando l’articolo. Quando sono arrivato in fondo con gli occhi lucidi, ho chiuso lentamente il giornale, ho guardato in alto e dentro di me avevo come un senso di liberazione, quasi quella vetta l’avessi scalata io. E mentre lo facevo, mi sono accorto che stavo sorridendo. 
Bravo davvero Matteo, sappiamo tutti quanto sarebbe stato orgoglioso di te.

Per chi non ha conosciuto Fabio:

Nessun commento:

Posta un commento

Cosa ne pensi?