giovedì 16 ottobre 2014

Au revoir, Buena Vida


La fine dell’estate, da qualche anno a questa parte, non ha coinciso tanto con la ripresa dei corsi all’università, quanto piuttosto con il ritiro della Buena Vida, cioè, la mia barca. Di solito ad ottobre, qualche sabato mattina di pallido sole, di caldo spento, con il vento più freddo di qualche grado rispetto solo a qualche settimana prima, quando settembre ancora esercitava un potere sulle brezze del lago. 

Ritirare la barca è sempre stata una violenza per me. Non che ormai d’estate la usi così tanto, gli esami di progettazione, ad architettura, mi tengono impegnato solitamente fino alla fine di luglio, ad agosto parto per qualche viaggio togliendo di fatto metà del tempo, e il resto dei giorni, con l’esodo dei milanesi che ci invadono, il basso Verbano è più intasato della Milano Laghi. Fortuna che poi arriva settembre, periodo in cui le mie sessioni di esami non sono mai state tanto fortunate. Sì, è vero, non ho dato nemmeno un esame questa sessione, ma voi avete mai ascoltato i “The National” in barca a settembre?. Ho qualche problema con la fine delle vacanze e la ripresa della routine. Il ricovero della Buena Vida, dicevo, è sempre stato difficile per me. Il fatto di avere una barca pronta è un’assicurazione niente male a chi, come me, vive delle volte prepotenti istinti di libertà e fuga rispetto al mondo che lo circonda. 
Quando ad ottobre la barca sparisce dal porto questi istinti vanno gestiti in maniera diversa. Qualche weekend a Monaco, quando il lavoro lo permette, qualche giornata a prendere la macchina ed arrivare fino a qualche città, o fino al mare, quando avevo ancora una macchina. Organizzare qualche giorno lontano. Sono tutti ottimi espedienti ma non bastano quando la voglia di andarsene un po’ affanculo arriva all’improvviso e non si ha tempo di organizzare una minima difesa al suo attacco.
Inoltre organizzare viaggi, che sia per questione di soldi, che per questione di tempo, non è più semplice come lo era qualche anno fa. Le mete che si vociferano, per forza di cose, sono sempre le stesse, di solito qualche capitale europea facilmente raggiungibile da qualche volo low cost. E uno l’istinto di fuga non è che lo può sedare andando a Londra o a Berlino, che in termini di ore ce ne vogliono meno che andare a Bologna. Non lo si può sedare nemmeno andando a Bologna infatti, anche se un caro amico mi direbbe che però aiuta.
Di posti che vorrei visitare fuori dall’Europa ce ne sarebbero talmente tanti che farei prima a dire quelli in cui non me ne frega un cazzo di andare. 
In questi anni ho dovuto imparare a correre via anche quando la Buena vida non è più in porto. Ho dovuto imparare ad andare e tornare dai freddi pomeriggi milanesi giusto il tempo che c’è tra una lezione e l’altra.


L’ultimo viaggio che ho fatto nei cinque minuti di pausa della lezione è stato a Barrow, in Alaska, attraverso una delle innumerevoli webcam che girano sul web e riprendono continuamente cosa succede in determinati parti del mondo. Delle finestre fisse su mondi pazzeschi. Barrow, ad esempio, è un posto incredibile. E’ la città Americana più a nord che ci sia. Le immagini della webcam fanno provare brividi di freddo istantanei. Si vede un mare nero, incazzatissimo, qualche edificio, tanta neve, ed una strada che esce dall’inquadratura perdendosi nel perenne inverno a cui le immagini rimandano. Il nome della città significa “Luogo dove veniva cacciata la civetta delle nevi”. Geniale.

Alcune volte invece faccio un salto nel luogo più remoto della terra Tristan da Cunha, un’isola dell’atlantico a metà strada tra Brasile e Sudafrica. L’isola più vicina è S.Elena, per dire. E’ un’isola abitata da 290 persone, provenienti da 7 ceppi diversi, due italiani, discendenti di naufraghi che nel corso dei secoli sono arrivati lì e non se ne sono più andati. Uno dei posti più affascinanti che conosca.
Altre volte semplicemente vado a guardarmi qualche strada del Nevada o del New Mexico, quelle meravigliose strade da film che tutti abbiamo in mente, lunghe e dritte per chilometri e chilometri.
Certo non è come viaggiare veramente per quei luoghi, ma la Buena Vida verrà rimessa in acqua non prima di marzo, se la stagione sarà clemente, da qui a quel giorno bisogna arrangiarsi come si può. 


Perché la voglia di scappare via ogni tanto arriva per davvero, e senza che ci sia un motivo particolare, anche se delle volte qualche motivo di troncare con tutto almeno per il tempo di arrivare a Barrow c’è

Succede di notte molte volte, per le ragioni più inspiegabili. Notti in cui vorresti fuggire, notti in cui cerchi disperatamente una Buena Vida da qualche parte,  notti che ti intrappolano nel loro buio come una rete da pesca, impossibile liberarsi, o riaddormentarsi, si può solo stare fermi con tutte le onde di ricordi e di acqua salata che ti arrivano addosso e ti sbattono da una parte all'altra della notte, in attesa che filtri un riflesso di luce a farti nuovamente nuotare via verso l'oceano che non smette mai di chiamarti, nemmeno quando la rete è così buia.
Cerchiamo tutti un porto sicuro dove essere accettati incondizionatamente per quello che siamo, e fino a quando non lo troveremo fuggiremo sempre su qualche Buena Vida, su degli aerei precari o anche solo in qualche webcam sul computer.
Anche se poi infine, si può provare ad andare nei luoghi più remoti di questo pianeta o anche di altri, ma le paure ci seguono sempre ovunque ci rifugiamo, e sono sempre qui ad attenderci quando torniamo, e sta a noi, fare in modo che la vera “buena vida”  che cerchiamo non sia soltanto una piccola barca.




Au revoir, Buena Vida, ci si vede a marzo, o forse prima…