Il mio ultimo viaggio di lavoro mi ha condotto a fermarmi, dopo mille
chilometri tirati di macchina, a Lignano Sabbiadoro, posto dove da bambino
passavo alcune parti delle mie estati. Si dice che si arrivi sempre al momento
giusto nei luoghi in cui si è attesi, e pur conservando questa convinzione,
delle volte, si può arrivare anche in alcuni luoghi che non stanno attendendo
nessuno.
I posti di mare d'inverno sono spettrali. In giro la sera ci sono solo i
camerieri a fine turno che si giocano le mance alle macchinette, lo sguardo di
chi sa di essere in ritardo sul mondo, di essere rimasti in un posto
dimenticato da Dio, come lo sanno gli appartamento chiusi, e i pochi bar
aperti, con le radio accese che riecheggiano forti nelle vie della città. Anche
se fino a poco tempo fa si potevano vedere, le frotte di vacanzieri a riempire
le vie pedonali del paese, allora più strette e colorate, illuminate fino a
notte tarda. Ogni famiglia nello stacco apparente dalle loro vite quotidiane. Ed
è proprio quello che mi ha sempre affascinato, pensare alle vite quotidiane dei
vacanzieri che incontro quando parto per un viaggio.
Li incontri per strada e ti domandi da dove vengono e cosa fanno, come sono
loro durante l'inverno, nella loro città, con i loro amici. Oppure li immagini
nelle strade vuote:
La ragazza bionda in giro con la sua famiglia che tiene per mano suo
fratello la immagino alla fermata dell'autobus di una piccola città austriaca,
il mattino per andare a scuola. Una piccola scuola di provincia con le aiuole
curate e i fiori bianchi. Il padre porta la ragazza diciassettenne alla fermata,
poco distante da casa loro, ma sulla strada del lavoro. Lei aspetta che vada via
per scavare nel fondo dello zaino, tira fuori un piccolo sacchetto di carta e dentro
una scatola rettangolare bianca e rossa dall'inconfondibile dimensione. Sfila
una sigaretta e chiede di accendere al ragazzo di fianco a lei. Non l'aveva mai
notato prima, o forse si. Ma non pensava avesse importanza. Lui la ama
segretamente dalla prima media, e aspetta quei dieci minuti di attesa dell'autobus
tutto il resto della giornata. Sa riconoscere i fari della macchina di suo
padre nel buio del mattino, quando li vede da lontano istintivamente si
irrigidisce, mentre si convince di rimanere il più naturale possibile. Ricorda
il mattino che ha incrociato il suo sguardo la prima volta, ricorda quando
l'aveva attesa inutilmente due ore dopo che l'autobus era passato, accettando a
malincuore che quella mattina non si sarebbe mai presentata. Ora ricorderà il
giorno che le ha acceso una sigaretta, quando ha potuto annusarle per un
istante, di nascosto, i lunghi capelli biondi, prima che la vampata di fumo
della sigaretta accesa lo riportasse alla realtà. Un’occhiata scambiata nella
notte stanca. Ogni mattina nel mondo alle fermate degli autobus e dei treni si
consumano delle meravigliose storie d'amore inconsapevoli.
Quando salgono sull'autobus lei si siede sempre di fianco ad Hans. É bello
e alto Hans, e sta con lei. Il ragazzo pensa sicuramente che lui non la tratta
bene come farebbe lui. Del resto, le ragazze come quelle stanno sempre con
qualche Hans, pensava.
C’è un uomo che cammina da solo e sorride a chiunque incroci il suo
sguardo. Cammina piano e si ferma lungo le porte degli innumerevoli ristoranti
disseminati lungo la strada. Indugia su ogni menù qualche minuto, cercando di
rubare piatti nuovi, di carpirne i segreti soltanto dalla descrizione e dal
profumo che arriva dai tavoli pieni. Sa che una volta a casa qualcuno di quei
piatti finirà nella su cucina, e che dovrà insegnarli al suo aiuto cuoco ed ai
due giovani ragazzi che come ogni anno arriveranno per lo stage. E sa anche che
dovrà combattere con la direzione dell’ospedale. Troppi costosi certi piatti
per i malati. Dovrà rispondere a chi gli dirà che cucinare certe cose per chi
non sente i sapori non è una cosa logica.
Lavorava nella cucina di un ospedale da dodici anni e non aveva mai
ricevuto un complimento. Non per incapacità, certo, ma semplicemente perché i
destinatari dei suoi piatti non erano in grado di sentire i sapori che con
estrema cura generava quotidianamente. O almeno così gli riferivano. I pazienti
mangiavano i suoi piatti per qualche giorno, e poi se ne andavano, mettendo
fine a lancinanti sofferenze ed inutili agonie. Non era raro entrare in reparto
e sentire quell’inconfondibile profumo di cipolla rosolata, l’odore del
soffritto, che lasciava i patetici cugini, zii, e parenti tutti che venivano in
visita un po’ storditi.
Capitavano i giorni in cui si sentiva inutile, cucinare per chi non sente i
sapori, un po’ come far vedere un film ad un cieco, far sentire Chopin ad un
sordo. Una cosa illogica.
Quando arrivavano quei giorni si confortava del fatto che, i suoi pazienti,
assaggiati i suoi piatti morivano presto, quasi fossero pronti finalmente per
andarsene, dopo aver finalmente riassaporato un piccolo assaggio di quella che
era stata, a suo tempo, una vita saporitissima.
Forse era una cosa illogica, come quello che faceva, e come andare ogni
anno in vacanza da solo nello stesso posto, ma le cose illogiche erano sempre
state le cose migliori che avesse mai fatto.
Ci sono un ragazzo e una ragazza, che sono capitati qui per sbaglio. Due
viaggiatori che si fermano quando sono stanchi e mangiano quando hanno fame,
ogni giorno un posto diverso, non che abbia troppa importanza, ma non sono
nemmeno mai tutti uguali, anche se da lì a poco andranno tutti a mischiarsi
rendendo impossibile scindere i ricordi, se non per qualche episodio
particolare. Lui è più grande di lei, e la custodisce con cura estrema in riva
al mare mentre lei si addormenta. Sanno che il loro amore è destinato ad essere
un po’ come il loro viaggio, intenso e magnifico, ogni giorno diverso, ma che
presto resterà un ricordo che poco a poco sbiadirà come una scritta a matita su
una pagina bianca, lasciando solo quelle poche tracce che restano scalfite e
contribuiscono a far diventare le persone come sono. Si lasceranno e
proseguiranno per la loro vita. Si dimenticheranno, a tratti. E Si ritroveranno
un giorno quando saranno due perfetti sconosciuti, quando delle due persone che
ora conoscono tutto l’uno dell’altra, non rimarrà traccia perchè forse, resteranno
a vagare per sempre in quelle spiagge e su quelle strade, fermandosi solo
perché stanchi, affamati o desiderosi di tenerezza, accettando di regalare la
parte migliore di loro stessi a chi, nella vita reale, sarà solo una persona di
cui parlare poco, e sempre al passato.
Di storie ne è pieno il mondo, e tutte hanno almeno un motivo per essere
raccontate.
Il mare d'inverno é così, la gente torna a casa e nelle sue vie vuote, sui
suoi lungomare, e tra le sue case chiuse e messe vie per l’inverno lascia un
sacco di storie a viaggiare libere, in attesa di trovare qualcuno, da cui decidano
irragionevolmente di farsi raccontare.