martedì 22 luglio 2014

Neve su Piazzale Loreto



Il treno sarebbe partito da lì a due ore. I collegamenti da Milano a Domodossola, durante quella fascia oraria, latitano da ormai troppo tempo. Inutili sono state le correzioni degli orari operate solo un mese fa, quella fascia oraria, quella dalle 9 alle 11, è rimasta sguarnita. Venerdì mattina, ancora frastornato, mi sono concesso un giro per Corso Buenos Aires, fino ad arrivare a piazzale Loreto. 
C’ero già stato con uno stato d’animo simile, a piazzale Loreto, qualche mese fa, una notte fredda di pieno inverno. Ricordo che iniziò a nevicare proprio quando oltrepassai piazza Argentina.

Fa molto caldo. Un caldo afoso e soffocante. Cammino per tutto corso Buenos Aires senza un vero e proprio obiettivo, se non quello di far passare quelle due ore da solo, prima di tuffarmi nella nuova realtà che mi aspetta, prima delle lacrime, dei ringraziamenti estenuanti e dei pranzi senza fame.
Mi sono rifugiato alla Feltrinelli. Uno sguardo ai best seller, ai libri più datati. Ho indugiato sulle guide della lonely planet in offerta al 15%, tutti luoghi esotici, per così dire: India, Brasile, Thailandia, Israele e territori palestinesi, la guida della lonely planet é una sola, lascia da pensare. Ho sfogliato quella degli Stati Uniti orienali, c'è un locale nel nord del New Mexico appartenuto a Buffalo Bill, così c'era scritto, suonano musica country convinta, molto spinta, quella vera. Chissà quanto devono essere buoni gli hamburger. Ho scavato nel bidone dei cd in offerta. Ho comprato il best of di Johnny Cash e quello di Bob Marley, non gli ho ancora ne aperti ne ascoltati., lo farò settimana prossima. Ho comprato il DVD del film di Springsteen che cercavo da luglio. 28,60 € in totale, niente sacchetto che tanto ho lo zaino. Ho pagato in contanti.
Da Muji vendono delle magliette compresse in un cubo di lato 5 cm, ideale da tenere di scorta, magari sul fondo dello zaino di Santiago. Mille tipologie di quadernetti diversi, li vorrei prendere tutti. Mi sposto verso Garibaldi, ancora un’ora per me. Un giro nella zona nuova. Una nuova Milano per il futuro. Mi attardo in piazza Gae Aulenti, cercando di decidere una volta per tutte se mi piace, ma purtroppo, ancora una volta, sono costretto a rimandare il giudizio. 

Il binario del treno non esce mai quando sei in anticipo. C’è quello per Torino Porta Susa però, per Bologna, per Venezia. C’è il treno per Genova, da cui potrei poi proseguire verso Ventimiglia ed arrivare al confine con la Francia. Lì poi le destinazioni potrebbero essere diverse. La lavanda della Provenza, verso ovest nella Camargue, oppure tra le gole del Verdon, o magari puntare diretti verso nord-ovest, Bordeaux, e da lì l’oceano.
Inizio a pensare che tra poco dovrò cambiare i tempi verbali, usare il passato quando parlerò di te. 
Esce il binario del malpensa express, e per attimo penso a quando tempo fa non si viaggiava così spesso in aereo, o almeno, non ci andavano proprio tutti quanti. 
Allora il mondo era molto più lontano. 
Mi ricordo quando eri andato in Equador ed eri tornato a raccontarci quel mondo così diverso dal nostro. Ci sono stati anni sereni ed anni difficili, solo tu sai quanto. Rileggerò spesso le ultime mail che ci siamo mandati, così vere ed intense, così piene di sogni e di speranza, cercando di riuscire a portarne avanti un po’ di quelle idee da solo. Fortunatamente in una di quelle mail sono riuscito a dirti quanto ero contento di averti qui questi mesi, rammaricandomi di non poterti seguire in giro per via degli esami che incombevano, di quanto fossi felice di poter  parlare con te e di passeggiare sul lago durante i miei ritorni a casa, a discutere di tutte le idee pazze che ci frullavano in testa. Non mi sarei mai perdonato il contrario. Questi mesi sono stati un regalo un po’ per tutti noi. Succede delle volte che la vita ci concede un tempo bonus per riuscire a salutare tutti come si deve, come se regalasse a chi se lo merita qualche giorno in più di quelli che il destino, come uno zelante impiegato, ha previsto con severa determinazione ed incomprensibile arbitrio. Quel tempo regalato come quando ai concerti il gruppo saluta il pubblico troppo presto, ma poi torna fuori per un paio di canzoni in più perchè le urla dei fan sono troppo insistenti. E la mente allora vola a quando quella stessa vita era più leggera e più semplice, le prime vacanze al mare nella casa a Lignano, con me e Laura bambini, a giocare con la sabbia e raccogliere conchiglie, svegliarsi all’alba per andare in spiaggia con la marea ancora bassa, il sole pallido e le prime scintille a macchiare l’acqua,  a quei giorni che tutti noi conserveremo come il più prezioso dei ricordi, in quella scatola foderata di dolcezza che ci porteremo in giro ovunque saremo, e che apriremo certe sere in gran segreto, al buio, soffocando le lacrime, con il pudore del dolore e tirando fuori tutti i momenti belli che abbiamo vissuto con te, o quando saremo davvero stanchi del mondo e di questa porca vita, ricordandoci di non mollare mai, come hai fatto tu.
Poi di colpo esce il binario, riportandomi alla realtà. Binario 6. Nessun ritardo purtroppo.
Salgo con il caldo afoso di una giornata di metà luglio e dopo poco il treno parte con la sue inconfondibile lentezza, fuori ci sono 37 gradi e Piazzale Loreto dista qualche chilometro, ma sono sicuro, che la neve, sia tornata a cadere proprio in questo istante.


P.s. ti saluto con Can’t Help Falling in Love. E’ la canzone con cui Elvis chiudeva i suoi concerti. Ciao caro.





giovedì 10 luglio 2014

Un post senza senso

Le ultime settimane di pioggia mi hanno fatto assopire la fantasia e mi hanno trasmesso un sacco di voglia di essere banale e nazionalpopolare. Ho parecchia voglia di scrivere quanto sia bella la pioggia che cade. E poi basta. Magari pubblicando "November rain" dei Guns’n’roses o peggio ancora “Piove” di Jovanotti, così, appunto per essere banale.
Non farò tutto questo, in compenso scriverò un pezzo senza un vero e proprio senso compiuto.



I temporali estivi arrivano silenziosi in lontananza, molto spesso lentamente e sempre senza chiederci il permesso. In un attimo il cielo diventa scuro e sale l’attesa, ma non piove mai quando pensiamo che lo faccia, inizia sempre quando siamo distratti. Dopo che se ne vanno lasciano sempre qualcosa di strano. Qualcosa come l'aria fredda e la voglia di ricominciare. La calma meritata e l'orizzonte più colorato di prima. Lavano via le strade, i prati e lasciano tutti gli alberi stanchi e bagnati. Sfidano la nostra pazienza e il nostro coraggio. Ma c'è sempre chi sfida i temporali per riuscire a fotografarne la magia. Per cercare di portarsi a casa una scintilla di quella violenza e rubarne l'essenza, copiarne l'anima, cercando di appropriarsi della loro determinazione da usare domani quando ci sarà quel silenzio bianco su cui scrivere una nuova pagina. La foto del fulmine.

Non so se sia più bello il momento prima della tempesta o quello subito dopo. Il durante non lo prendo nemmeno in considerazione. Le cose non sono belle quando accadono, ma solo mentre si aspettano o quando si ricordano. Del resto, il presente non esiste nemmeno, o meglio, esiste, ma è come un fulmine nella tempesta, dura un soffio, un minimo istante, eppure sapevamo tutti che stava per arrivare, così come lo ricordiamo anche dopo. Il presente è così, è il continuo rimescolarsi di prima e dopo.

E così infatti, ci sono quelli che non vedono l’ora che arrivi domani ma non smettono di parlare e ricordarsi di ieri. Quelli che insomma vogliono andare dovunque nel mondo ma vedono l’ora di tornare a casa, spesso ancora prima di partire, sospesi ancora una volta in questa tempesta di fulmini che si presenta anche d’estate, quando la testa dovrebbe essere in vacanza, quando non dovrebbe nè sperare nè ricordare. Hanno fatto settembre per la malinconia, l’hanno messo apposta dopo l’estate.

Ma se dev'essere temporale allora va bene, allora adesso, prima che arrivi, penso a tutto quello che mi aspetta. E non sto sotto l’acqua ad aspettare che il fulmine mi castighi, questo no, cerco di schivarli e al massimo, come dicevo, a farlo mio, a fargli una foto per ricordarmelo meglio, cerco di prendere il meglio dal presente per vivere meglio il futuro. E fino che il temporale non arriva posso immaginarmi tutto come voglio che sia.

Penso al lavoro che voglio fare e a quello che non voglio fare. Intanto schivo e scatto. Penso che non si debba fare nulla di ciò che la gente si aspetti da noi proprio per il fatto che qualcuno se l’aspetta. Penso che vorrei viaggiare ancora tanto. Penso che poi le cose che contano sono sempre le più semplici. Clik. Penso che qualche rischio andrà corso per fortuna, e penso che tutta la vita la stessa cosa non la potrò mai fare. Penso che finchè il boss suonerà io andrò ai suoi concerti. Penso che il fatto di avere le capacità di far qualcosa ti dia l’obbligo morale di farla al meglio. Poi penso anche che per fortuna non ne so fare nessuna così bene quindi chi se ne frega. Clik. Penso che quando qualcuno mi giudicherà gli chiederò cosa davvero gli rode. Penso che voglio una casa da cui vedere il lago. Penso che alcune passioni delle volte sono le cose che ti salvano la vita. Gli ultimi tuoni prima di andare, e penso che si ama davvero poche volte nella vita.

E dopo che passa si sta lì a ricordare. Ricordo le strade statali della Spagna meridionale e il vento dell’Egeo. Ricordo i tramonti della Croazia e i brezel di Monaco. Ricordo il profumo di Champo e le ore di filosofia del liceo. Ricordo la prima volta che ho visto Pulp Fiction e quanto mi sembravano grandi certi prati da bambino. Ricordo gli scatti di Pantani e i dribbling di Ronaldo. Ricordo tante cose quanto quelle che sto aspettando, inluso i primi temporali e tutti quelli che verranno, perchè ci sono alcuni che quando fanno le foto ai temporali riescono sempre a prendere i fulmini, e ci sono altri che invece hanno soltanto un serie di foto completamente buie.