lunedì 23 settembre 2013

Meglio Tardi che Mai...



Il primo giorno, fu un vero e proprio incubo.
Arrivai alla stazione di Bovisa un’ora e mezza prima dell’inizio della lezione, "vai giù un po’ prima che non si sa mai, magari il treno ritarda, non si sa mai"…. Parenti serpenti.
Il treno non tardò, per una volta che avrebbe dovuto, e così arrivai che l’università la stavano aprendo, con il custode che mi guardava compatendomi e io che, imbarazzato, ringraziavo con un filo di voce ed entravo un po’ spaesato. Ricordo che la prima lezione fu dell’immenso professor Patetta, storico docente di storia dell’architettura, matusalemme dalla cultura pressoché infinita, c’è chi narra che sia stato allievo dello stesso Bramante e che in punto di morte gli abbia lasciato le chiavi di Milano, il santo graal e il sapere infinto. Leggende.
Ad ogni modo le sue prima parole, dopo un silenzio surreale di mezzo minuto buono in cui ha scrutato ognuno di noi furono: “voi siete al politecnico di Milano”. Pausa. “Qui, non funziona niente, qui fa un freddo glaciale in inverno e un caldo terrificante in estate”. Pausa. “Voi tutti, anzi, non tutti, solo alcuni di voi, pare che diventeranno degli architetti” (architetti l’ha detto scandendolo, ndr). Pausa lunga. “Dovete sapere che l’architetto è il mestiere più difficile che ci sia. Pensateci, un medico, il peggio che possa fare è uccidere una persona, l’architetto, il peggio che possa fare è costruire un edificio brutto, che poi ci rimane lì nella città, e ci tocca vederlo tutte le mattine quando si va al lavoro…
Quanto a frasi ad effetto il secondo giorno non fu da meno: “gli architetti non leggono, mai. Prendono un sacco di libri in biblioteca, li sfogliano, ma in realtà guardano solo le figure”.
Per arrivare poi, qualche giorno dopo, ad apprendere le due definizioni di architetto che preferisco: “l’architetto è un muratore che ha imparato il latino”. Sul fatto di aver imparato il latino conosco almeno una prof. che ora sogghignerebbe (o sta sogghignando). 
E l’altra: “capisci di essere diventato architetto quando riesci a parlare per due ore senza che in realtà tu abbia detto un cazzo” attività questa invece, nella quale eccello particolarmente. Definito quindi che entro a pieno titolo almeno in una delle due definizioni, non poteva che arrivare il giorno della laurea, il giorno dell’incoronazione. Mi spettava di diritto.
Ed è arrivato frastornante come me l’aspettavo. Tanto che prima di venire chiamato dalla commissione mi concedo cinque minuti chiuso in bagno da solo, lontano da tutti, dieci minuti prima di entrare in campo sto lì con la testa china.... chi non ha seguito i mondiali del 2006 non sa di cosa parlo.
Mentirei se dicessi che questi anni siano stati una passeggiata. Le difficoltà ci sono state, e parecchie, dietro ogni angolo, ma come spesso accade le cose guadagnate con fatica hanno un sapore più dolce.
Per una volta nella vita, ve lo confesso, sono orgoglioso di me stesso, sebbene sia in ritardo, sebbene avessi potuto fare di più o più in fretta, sebbene non abbia fatto un'impresa incredibile ma una cosa tutto sommato normale. Ma l’ho portata a casa, e per il momento, è abbastanza per tirare un sospiro, fare un sorriso e salutare la bovisa, e niente lacrime nei ricordi questa volta, ma pantoni colorati e pinte di birra.

Ora che ho finito però, lasciate che ringrazi le persone senza le quali questa laurea non so se l’avrei presa. 
Però fidatevi, non iniziate a leggere prima che la canzone arrivi all’assolo di sassofono.
un grazie di cuore:
A tutti quelli che c’erano oggi accanto a me, in modo particolare ad Alessandro, che mi ha portato la corona d’alloro, e a Sabrina, che mi ha detto che sono stato “figo” con la commissione, accrescendo così, il mio ego già di per se smisurato.
A chi non c’era, ma mi ha comunque pensato e l’ho sentito vicino…
A quelli che da ieri mi mandano sms, messaggi, email, lettere e piccioni, siete veramente tanti, e avete un cuore grande.
Ai commercianti della bovisa.
A Bruce Springsteen, che mi sono laureato il giorno del tuo compleanno, auguri boss!
A quei professori che sono stati in grado di trasmettermi la loro enorme passione; per le loro lezioni formali, dalla cattedra, ma soprattutto per quelle informali, raccontate faccia a faccia a Postdamer platz,  di fronte a qualche nuovo edificio del trentino, o davanti ad una birra in un castello fuori Basilea….
Alle mie squinzie, a Rosella, che è rimasta pure con la febbre, e poi Alessia, Francesca, Francesca ed Elettra, che sembra ci conosciamo da anni, ed invece solo da quel viaggio a Merano...
Agli “amici della Bova”, a Lorenzo, Michele, Mattia, Andrea, Marta, Veronica, Alessandra, Cecilia, Laura, Roberta e Cristina, amici impareggiabili che mi perdonano costantemente anche se io li pacco sempre (anche se oggi me l’hanno fatta pagare i bastardi!), architetti dal sicuro successo, ma prima di tutto veri amici, dai quali ho imparato di più che da qualsiasi libro…
A Claudio, compagno semplicemente insuperabile.
A Mattia, Davide e Martina, che vi ho visti poco negli ultimi anni, ma quelle volte sono tornato sempre a casa con il sorriso.
A Iacopo, che anche quando parte non è mai veramente lontano.
A Sere, Pera e Poma, per i viaggi ignoranti in grado di ricaricare le batterie…
Ai quattro amici che mi sono stati più vicino nei momenti peggiori dell’ultimo periodo:
A Chiara, per trovare sempre il tempo per esserci.
A Sara, che mentre mi chiedeva consigli per i render e le tavole è diventata più brava di me, e mi conosce sempre meglio di chiunque altro. Congratulazioni tesoro, te lo meriti.
A Lorenzo, per ricordarmi che bisogna crederci sempre.
A Graziano, per i milioni di consigli su qualunque cosa, per la sua dedica speciale (http://appuntisucartadalettera.blogspot.it/2013/09/allamico-laureato.html) e per avermi insegnato come fare a scacciare via i fantasmi.
A Giorgio, per le parole non dette ma lasciate solo intendere, che delle volte, sanno fare più rumore.
Ai miei nonni, per il loro esempio costante, per il modo in cui mi ascoltano e mi guardano...ma a dire il vero un po' per tutto. 
E una dedica speciale, a mia madre, che questa laurea se la merita molto più di me, per credere in me senza soste e senza riserve. Per farmi sentire amato ogni secondo. Per avermi fatto diventare quello che sono.

Vi saluto, mi vien da dire ci vediamo tra due anni maaa…… su dai… facciam tre va…

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