mercoledì 2 ottobre 2013

L'Odore dell'Asfalto Bagnato


Le città sono invisibili, non perché non ci siano, 
ma perché nascondono sempre un qualcosa che ai nostri occhi sfugge sempre.

Italo Calvino, Le Città Invisibili


Esistono viaggi che nascono per caso. Di solito sono quei viaggi a cui inizialmente non si da molto peso, a cui non si pensa molto i giorni prima della partenza, che solitamente viene improvvisata, organizzata la notte stessa, con quel pizzico di “ma che poi che cazzo ce ne frega” che come un po’ di sale va ad insaporire qualcosa che, diversamente,  correrebbe il rischio di risultare insipido e senza nervo.
I viaggi che capitano per caso, molto spesso, risultano splendidi. 
Forse un po’ perché non si hanno grandi aspettative, un po’ perché li facciamo capitare quando realmente ne abbiamo bisogno, senza che nemmeno ce ne accorgiamo. 
Ci vuole poco in effetti, una macchina, due soldi per le spese, una scusa, e un paio di amici che ti seguano. 
La macchina non è stato difficile rimediarla, i due soldi un po’ di più, la scusa era a prova di bomba (al punto che forse tanto scusa non era) e due amici bè, quelli ci sono sempre.

Questo weekend a Trieste si è svolto il Trieste Next, il salone europeo della ricerca scientifica, chiamato più amichevolmente da noi: un alibi perfetto. Anche perché  in effetti a veder bene, non so cosa potessero trovarci in quest’evento un neo architetto (yep) con la passione per il cinema, la musica e la scrittura, e due economisti con la passione per le vespe (soprattutto gli specchietti, non chiedetemi perchè) e le cinquecento. 
Ma qualcosa abbiamo trovato, fin dal pomeriggio della partenza, fermandoci per una sosta a Lignano, la città dove da ragazzini passavamo le nostre estati, senza che ci conoscessimo ancora, in quelle vie fantasma dove solitamente si stipano orde di vacanzieri che si muovono come formiche in un labirinto. E poi in spiaggia, assopita, addormentata, come una nave che attracca in porto e sa che per un po’ si riposerà. E come al solito, quel nulla che non aspetta altro che essere riempito dalle risate e dalle frasi di tre ventenni che camminano lungo la spiaggia, ancora una volta, inspiegabilmente, rapiti dalla meraviglia del mare. 
Si risale in macchina per l’ultimo tratto, con la musica rigorosamente alta, tanto qui, oggi, nessuno ci dirà di abbassarla. 
La costa che precede Trieste è disseminata di scorci e castelli, che decidiamo di visitare un minuto prima della chiusura, rimanendo così intrappolati nel cortile da un cancello, che per fortuna, scopriamo stare al passo coi tempi tanto che nel corso degli anni si è dotato di una meravigliosa fotocellula che fa spalancare le sue braccia al nostro passaggio, mentre noi già immaginiamo che per mangiare qualcosa, se fossimo rimasti chiusi dentro, avremmo dovuto chiamare qualche cinese in città, e probabilmente, avrebbe fatto parecchio ridere la sua faccia alla nostra richiesta: “si si ci lanci tutto oltre il muro di cinta, prenda una bella rincorsa però”.
Incipit questo, di giornate pazzesche, che a raccontarle non ci si crede, e infatti non lo farò. 
Certe suggestioni e certe storie uno se le vuole conservare, e non condividere con nessuno.





E’ incredibile come nelle città riesca ad ambientarmi subito. Imparo due o tre strade per i punti che mi interessano, e nelle altre mi perdo, cercando di non ricordarmi da dove sono venuto, in modo che ogni volta sia tutto una sorpresa. Io penso che le città abbiano un tempo limite nel quale si possa vivere, e questo tempo va dal giorno che si rimane veramente colpiti da qualcosa, a quello in cui si passerà davanti a quella stessa cosa senza accorgrsene nemmeno. Quello è il momento giusto per andarsene. 
Tuttavia, in quel periodo di tempo in cui la si abita, la città, non la si può davvero conoscere, secondo me, se non si scova il suo odore. Ognuna ha un’odore diverso. 
Pensate a Londra, l’inconfondibile odore di fast food e cibo di merda cotto nelle bancarelle sulle strade. O l’odore di mare, di porto, che impregna Venezia. L’odore di storia, a Roma. L’odore di nocciole ad Alba. L’odore del freddo a Copenaghen. Chissà che odore deve avere New York, o Buenos Aires, o Palermo, o…



Ancora non ho ben capito come succeda, ma sempre, nel momento in cui ti allontani da qualcosa che ti tormenta o ti assilla, si riesce a valutare il problema e disegnare le possibili soluzioni. Poi quando torni però sei punto e a capo.
Le città poi, io credo, non sono abitate da persone, ma da soluzioni. Sono abitate da vite che potresti avere. Domani mi trasferisco qui e vado a pulire le navi da crociera quando si fermano al porto. Torno a casa a piedi, tra le vie ben definite della città. Vago nella notte, ad orari improponibili, per vedere piazza Unità vuota e sentire il rumore del mare. Poi aspetto che mi svegli il frastuono delle stoviglie dei bar che si affacciano su di essa, gettati velocemente nel lavandino stracolmo. Ogni giorno passo davanti ad un portone di legno, molto alto, e vedo dalla strada una finestra accesa. Prima o poi suonerò a quel citofono, ma non riuscirò a dire nulla, fino a quando non attaccheranno, dall’altra parte. Allora aspetterò qualche secondo, per vedere se qualcuno si affaccia. Non aspetterò tanto però. Avevo un’altra vita in cui ho aspettato abbastanza. 
Pensavo a questo, domenica mattina, mentre giravo da solo per le vie della città, una delle cose che più amo fare al mondo: vagare in mezzo gente che non conosco. Pensare che ognuna avrebbe almeno una storia da raccontare. Infatti non sono uomini e donne che camminano, anzi forse sbagliavo, non sono nemmeno soluzioni, sono solo storie.
Camminavo, immerso, negli odori della città, provandoli tutti:
Pane tostato. Ragù. Fumo dei tubi di scappamento. Vento. Copertoni bruciati. Mare. Salsedine. Fogna. Libertà. Soffritto. Immondizia. Caffè. Piscio di cane. Tempo. Bicchieri di bianco. Foglie. Kebab. Pietra. E poi eccolo, finalmente, l'odore di Trieste,: L'odore dell'asfalto bagnato, dopo che non pioveva da settimane. 
L’ho riconosciuto quel profumo, uguale all’odore di quelle cose che mi hanno suggerito essere dei piccoli momenti di trascurabile felicità. L’odore di quelle persone che restano così poco che fin da subito abitano i tuoi ricordi. L'odore di quelle cose che non capitano da tanto, e ogni volta ti sorprendono per quanto siano belle, come un weekend tra amici che si conoscono poco, lontano da tutti.





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