Un tale una volta mi ha detto che se pensi ad una ragazza
durante un concerto sarà molto difficile togliersela dalla testa. In realtà non
l’ha detto nessuno, lo dico io, che per molti di voi, altro non sono che
appunto un tale che scrive, o dice, frasi senza senso e campate in aria. Uno di
quei tali che però, talvolta, ci azzeccano, confermando che la verità si trova
nei posti più impensati. E’ un po’ come quando si sogna una ragazza di notte, e
la ripensi al mattino. Che pensarla è una scelta, per certi versi, ma se la
sogni di notte non ci puoi fare nulla. Forse perché ascoltare un concerto ha
molto a che vedere con il sognare. Chiudi gli occhi e i pensieri navigano sballottati
da fiumi di note e soffi della voce che gonfiano le vele della zattera sulla
quale ti sei assopito stanco dalla giornata, dal mondo, stanco dalla realtà. E
non è che ci puoi fare molto. Ma i sogni, restano pur sempre sogni, e non tutti si
realizzano, se no che sogni sarebbero?
Raccontare un concerto di Ligabue non è facile. Per nulla. A
dire il vero potrei limitarmi a copiare i testi di Arrivederci, mostro! e
capireste perché mi piace. Certo, un conto è leggerlo, un conto è sentirlo nel lettore cd della
macchina, un altro è vederlo all’arena di Verona.
Ad un quarto alle nove, una luna piena intensa e luminosa fa
capolino da dietro al palco per lo stupore dei dodicimila presenti, a rendere
ancora più poetico un contesto che già di per sé fa salire la pelle d’oca solo perchè
si è presenti. L’arena è gremita, sono tutti puntuali, tutti in anticipo anzi,
tutti impazienti. Giusto il tempo di guardarla per qualche minuto la luna, e le
luci si spengono, entra il Liga, camminando lentamente, accompagnato dal boato
di tutti noi che quasi copriamo gli archi dell’orchestra alle sue spalle e inizia
quello che lui stesso poco dopo non definisce un concerto, ma uno “spettacolo
di canzoni”. La definizione calza, perché quelli come me, che si aspettavano un
concerto rock, un po’ delusi dagli arrangiamenti adattati per l’orchestra lo
sono stati, ma non per questo non ci sono state emozioni forti, anzi.
Buonanotte all’Italia con le immagini sullo sfondo di tutti i veri grandi
Italiani che abbiamo avuto, è davvero qualcosa di raro. Il pubblico batte
le mani incantate da quella sfilata di uomini che non ci sono più, e vi dico la
verità che su alcuni un po’ gli occhi erano lucidi, come sulla foto di Pantani,
di Jannacci, o del Sich, per dirne tre a caso.
Poi parla d’amore, anzi, parla del parlare d’amore, dello
scrivere il sentimento, di quanto sia difficile tradurre le emozioni in parole,
e del tentativo che ha fatto scrivendo ci sei sempre stata, ricordando a tutti
noi che c’è qualcuno che ci aspetta, qualcuno che è fatto per noi, e forse che già c'è: "quando il
tempo non passava, non passava la nottata, eri solo più lontana, ma tu ci sei
sempre stata".
Si gode i suoi fan il liga, e a tratti sembra quasi che lo
spettacolo lo faccia tutta l’arena, e lo spettatore in realtà sia lui, anche se
non è così. Perché di persone che ci hanno campato sulle sue canzoni ce ne sono
tantissime, e lo racconta anche lui, in una delle pause, di quelle quattro
canzoni che i fan gli hanno confessato essere delle vere e proprie medicine contro
i mali della vita, e le suona tutte, il giorno di dolore che uno ha, atto di
fede, niente paura, quella che non sei.
Si è vero, forse lo spettacolo è durato troppo poco, ma non
importa, rimangono le sue parole e le emozioni che per forza di cosa si
inculcano dentro quando canta dal vivo.
Come ho detto all’inizio, il motivo per cui mi piace il Liga
è condensato tutto in Arrivederci, mostro! In quelle canzoni che parlano di vita
vera, di emozioni che a tutti capitano, o dovrebbero capitare, la linea sottile
tra baciare e mangiare, che chi non capisce questa frase non hai mai baciato
veramente!
"A mia volta mi fido del mondo, non ti dico le botte che prendo, non c'è modo di starsene fuori da ciò che lo rende tremendo e stupendo..."
"e sole e pioggia neve e tempesta, sulla valigia e nella tua testa, e gambe per andare, e bocca per baciare..."
"e quando canterai la tua canzone, e te ne fregherai di quanto piove, la urlerai in faccia a chi non vuole, e non sa sentire..."
"ho visto la bellezza, che ti spacca il cuore, e occhi come il mare, nel momento del piacere..."
"mi devi dire, il meglio deve ancora venire"
Canzoni che parlano di quanto sia bella la vita, a patto che
non si viva solo per sentito dire, ma si viva a pieno, pur consapevoli del
fatto che qualcosa possa andare storto a volte, ma anche che non siamo
imprigionati in schemi precostituiti e quindi che possiamo fare in modo di
prenderci la felicità. Ricordandoci, in
sostanza, che la vita non è in rima.
Questa non l’ho detta io, l’ho sentito veramente dire da un tale, l’altra
sera, sul palco dell’arena di Verona.
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