venerdì 28 giugno 2013

Storie Mai Vissute




Ci sono delle sere, talvolta, che mi domando come diavolo sia possibile che la mia vita sia fatta in un certo modo. 
In queste sere maledette, di solito, provo a pensare ad un qualsiasi avvenimento della mia vita, anche il più stupido o banale. Scavo nella memoria per vedere da cosa è partito, ricordo, collego, rifletto per scoprire poi, che ogni evento, è generato da una concatenazione di altri eventi molto spesso anche piccoli ed insignificanti quando sono successi, ma assolutamente necessari per arrivare al presente. Ogni volta, mi scontro con il fatto che non si riesce mai a trovare il vero inizio, non si trova mai quel qualcosa da cui tutto è scaturito, perché è nascosto da qualche parte nella notte dei tempi, dietro qualche angolo della memoria, in qualche antro dimenticato e fidatevi che non si farà mai trovare.
Mi ha da sempre affascinato pensare, che anche il più piccolo ed insignificante gesto possa essere un piccolo mattone di quello che la vita, il destino, il fato, il caso, abbiano in serbo.
E la cosa incredibile è che ogni azione che si compie nella vita, quindi, può potenzialmente essere una di quelle decisive per arrivare a ciò che si vuole.
Ovviamente, è quasi impossibile stabilire se il tale evento sia stato positivo o negativo, perché non si può sapere se sarebbe potuto avvenire qualcosa di migliore o di peggiore.
Ne consegue che, è assolutamente inutile rimpiangere le scelte passate.
Talvolta però, mi capita di pensare a cosa sarebbe successo se in alcuni casi avessi preso una strada diversa, o quelli intorno a me, avessero preso decisioni diverse.
Si scoprono storie incredibili:

In un’altra vita non ho superato il test di architettura e sono rimasto a spasso per qualche mese. Poi ho trovato lavoro in un locale fuori Varese, un piccolo ristorante, dove ho iniziato a lavare i piatti per sei euro all’ora, all’inizio si sa, ci si accontenta di poco. Poi un giorno successe che l’aiuto-cuoco si prese una potente influenza che lo costrinse a letto per un paio di settimane, i più maligni narrano che se lo prese perché se ne stava nudo in macchina a gennaio con la sua dolce metà, più invidiosi che maligni, dicevo io. Aiutai il capo-cuoco che rimase talmente colpito da me da licenziare lo sfortunato playboy malaticcio. Presi il suo posto. Lavorai lì per un altro anno e poi decisi di tentare la fortuna a Londra. Un ristorante italiano a Londra, ma si può essere più banali?. Invece funziona. Col tempo mi hanno raggiunto alcuni amici. La sera, finito il turno, ridiamo dei turisti che sono capitati quel giorno. Torniamo poco a casa, a chi abbiamo lasciato in Italia diciamo che è perché abbiamo tanto lavoro, ma anche se non ce lo ammettiamo, tutti noi sappiamo che è solo una scusa.

In un’altra vita mi trasferii da piccolo con i miei genitori in una casa sul mare. Iniziai a giocare a basket, ero piuttosto bravo. Dopo qualche anno mi presero in prima squadra, finchè un brutto infortunio al ginocchio non mi bloccò per quasi un anno. Rimasi tagliato fuori, lasciai la scuola e andai a lavorare nell’albergo dei miei. Appena posso vado a vederlo il basket, guardo i miei vecchi compagni che ce l’hanno fatta, e sono felice per loro. Delle volte li strangolerei dall’invidia. Mi piace alzarmi presto la mattina, e andare a guardare il mare quando ancora non c’è nessuno, potrei stare a guardarlo per ore, trovo tutte le risposte alle mie domande. Vivo alla giornata, e al futuro non ci penso mai, ho imparato che porta sfiga.

In un’altra vita sbagliai il treno di ritorno dal mare. Ero andato con i miei, ma decisi di tornare prima, dovevo tornare in tempo per il concerto degli U2. Sbagliai treno, appunto, e a Bologna, colpa dalla fretta presi quello per Firenze. Mi sedetti in un posto a caso quando una ragazza si avvicinò a me, intimandomi di alzarmi, sventolandomi in faccia il suo biglietto regolarmente acquistato tre settimane prima, quello era il suo posto. Mi alzai e chiesi scusa, un po’ indispettito dalla sua rabbia esagerata. Mi fece una scenata assurda. Ricordo che pensai subito che se si fosse tolta quel “vaffanculo” che aveva stampato in fronte sarebbe stata anche parecchio bella. Nel corso del viaggio, dopo che si calmò, parlammo, litigammo un po’, non eravamo d’accordo quasi su nulla a dirla tutta. Arrivammo a Firenze e ci scambiammo i numeri di telefono. Dopo dieci minuti mi telefonò, finì che gli U2 li ascoltai in camera sua, con lei tra le braccia, il mattino dopo. Da allora stiamo insieme. Dio se litighiamo, ma quando la guardo negli occhi capisco che ne vale sempre la pena.

E’ strano avere nostalgia di una vita mai vissuta, o di un’epoca mai vista, o di persone mai incontrate. Certo, queste sono solo storie, la vita vera, rimane comunque qui davanti, e con lei, qui davanti, ci sono infinite occasioni per far succedere qualcosa per trovare quello che si cerca, quello che si desidera, quello che si sogna. Ci si deve buttare, si deve rischiare, e si deve fare di tutto per raggiungerla, la felicità. Perché quello che succede domani potrebbe essere il primo, invisibile passo, verso qualcosa ancora sconosciuto, ma destinato ad essere, in futuro, ciò per cui si vive.
Viviamo in un intreccio infinito di gesti, promesse, segreti, desideri, un intreccio di vite che si mescolano ogni giorno regolate da qualcosa che siamo soliti chiamare, fato, destino, alcuni religione, altri semplicemente caso, coincidenze.
Ancora non so se credo nel destino o se credo che ognuno di noi sia artefice del proprio. Non mi sono ancora dato una risposta, so solo che, se per caso lassù dovesse esserci davvero qualcuno che muove i fili, si sta divertendo come un matto, lo stronzo…

Ad ogni modo, ora sono qui. La felicità, certe volte l’ho raggiunta, altre volte mi è sfuggita di mano, altre ancora l’ho solo immaginata in quelle storie mai avvenute, in quelle persone mai conosciute.
In questo momento, mi sembra di essere sopra un tavolo, con sopra una sedia, e sopra ancora una scala, è tutto in bilico e traballante, ma posso toccare la felicità con un dito, la sfioro.
Resta solo da fare un piccolo salto, ma se cado, stavolta un po’ male mi faccio.
Gli esami settimana prossima, che se li passo, saranno l'ultimo avamposto superato per arrivare alla laurea tanto agognata; un'estate e una Spagna da raggiungere, ancora una volta, come tempo fa, sempre a cercare risposte, su quelle strade...
L’anno prossimo, i miei progetti, i miei sogni, altre storie destinate alcune a nascere, altre ad essere abortite.

A volte è bello pensare alle parole non dette, agli attimi non vissuti, alle persone non conosciute, ma delle volte invece, lascia un po’ quel senso di amarezza, come di storie chiuse prima che potessero riuscire a sorprendere, come di lettere scritte, ma mai consegnate, rimaste chiuse ed impacchettate in qualche cassetto, destinate a non essere lette mai…