Sentendo
questa canzone http://www.youtube.com/watch?v=AGD8B7vRbyM, ho visto questo:
Il sole
filtra a fatica tra i rami dei platani che incorniciano una strada, lunga, circondata
da grandi case, tutte uguali, e tutte diverse.
In fondo
alla strada c’è una casa bianca. Più diversa delle altre. Più bianca delle altre.
Lungo la
strada, dei bambini in bicicletta fanno a gara a chi arriva primo all’albero
grande, a forma di fionda, chi vince, si becca la gloria. Un grande cane peloso
abbaia, facendo sbandare uno di loro. Un uomo sta tagliando il prato e urla ai
bambini di rallentare, di fare più piano. Intanto, la donna dall’altra parte
della strada, in ginocchio a potare le rose, sorride. Passa una macchina rossa
che suona il clacson e spaventa così le due gazze sul ramo dell’albero grande,
a forma di fionda, e scappano, verso le biciclette che sfrecciano, a sollevare
le foglie secche ai margini della strada, le biciclette. Uno scuolabus giallo, si ferma, apre e riparte.
Scorre, la
vita, come ogni giorno.
Corre.
Passa.
La casa bianca
è di due piani, con un porticato in legno, bianco anch’esso, ha delle finestre
con gli infissi a quadri, bianchi. Ha un prato con davanti un gazebo, bianco,
decorato, ornato, abbracciato dall’edera, appiccicata alle stecche di legno. Sul
lato destro, a rompere la simmetria perfetta della casa, c’è una veranda,
nascosta, nemmeno troppo bene, da un cespuglio verde scuro.
Nella
veranda della casa bianca, a guardare con cura, si vedono due sagome, di un
uomo e di una donna, sembrerebbero abbracciati, in quello che dovrebbe essere il
soggiorno, in quello che dovrebbe essere un loro momento d’intimità, pare, a
lungo desiderato, a lungo sognato, a lungo immaginato. E la luce del tramonto
li illumina un poco, in quella penombra di desiderio, gesti pacati, leggeri ma
decisi, conditi di sincera passione, tagliano i raggi di sole, che filtrano dalla veranda,
ultimi guizzi di un giorno che fugge.
L’uomo sta
lentamente spostando una frangia sbarazzina dagli occhi della donna, lucidi, imbarazzati,
mentre lei lo guarda, incantata dall’esattezza di quell’istante, e intanto, un
timido sorriso, si palesa sulle sue labbra in attesa, pochi secondi, lunghi
come una strada, circondata da platani, con in fondo una casa bianca.
l’uomo e la
donna stanno lentamente salendo le scale, cercandosi l’un l’altro, negandosi a
tratti, per poi ricercarsi. Piccoli gesti fugaci, di chi ha paura di osare,
eterni bambini, sommersi di timidezza, a creare complicità dal niente mentre i
vestiti scivolano a terra, lentamente, sui gradini, ogni gradino un capo,
illuminati, alcuni, dal sole che entra, spettatore casuale di un attimo di
perfezione.
E in quel
corridoio, a pochi metri alla camera, la timidezza evapora, sotto il calore di
quella passione che arriva da lontano, al prezzo di anni e chilometri.
In un turbinio di gesti ad occhi chiusi, si mescolano insieme,
l’uomo e la donna, intrecciati in quella stanza, e il sole, si è ormai nascosto
a lasciar spazio ad una luna priva di vergogna.
Non si
negano più, ora, i due corpi, le due anime, fino a quando, appagati l’uno dell’altro,
si lasciano andare, folli, ad un attimo di felicità, tenendola stretta, prima che
fugga in un lampo, così com’è arrivata.
Rimangono
così, e pare, potrebbero rimanere lì per sempre.
In strada,
non ci sono più biciclette, bambini, forbici, sorrisi, rose, prati, cani, macchine
rosse, clacson, gazze, autobus gialli. Tutto dorme, sereno, attorno alla strada, circondata dai
platani, e nella casa bianca in fondo ad essa, dove finalmente, il sole, l’indomani,
sarà contento di tornare.
Cose come queste succedono, ogni giorno, in qualche casa tutta bianca in giro per il mondo.