Milano è la città più europea del mondo.
Neanche New York è così europea come Milano
Claudio Bisio
I primi
giorni pioveva continuamente, non che non me l’aspettassi sia chiaro, ma non
pensavo che il meteo potesse avere una tale costanza e coerenza. Tanto che,
complice la stanchezza dell’ultimo mese, quando mi svegliavo presto erano le
nove, giusto quel tanto che basta per fare tardi a lezione. Del resto come si
fa ad alzarsi quando fuori piove e la mansarda dove abiti amplifica il rumore
delle gocce che si infrangono sul tetto?! Ma non era solo il sonno ad inibirmi.
Diciamo che vivere in una ventina di metri quadri comporta scelte di vita
particolari ed occorre un certo lasso di tempo per abituarsi.
Vivere in
un monolocale induce a trovare soluzioni geniali per le pratiche quotidiane.
Asciugare calze e mutande non è così semplice come si possa pensare. Trascorse
le dodici ore di stesura nella doccia ho iniziato, senza successo, ad asciugarle
prima con il phon, e poi a provare a farle saltare in padella con un filo
d’olio, maledicendomi infine per non avere un forno.
Fortunatamente
nell’olio di solito ci faccio saltare il pollo, o le costine di maiale, piatti
prelibati che lasciano casa che odora di fritto per le successive 36 ore,
impossibile levare l’odore, tanto che forse per mangiare il pollo fritto mi
conviene andare nella catena di fast food che ho scovato, fa solo pollo e non è
il KFC. Lo ammetto, mi piace perché mi ricorda da morire “Los pollos hermanos”.
Che volete, a volte sono parecchio nerd.
Ma la
cosa veramente più pericolosa di casa mia è il soppalco con il letto, rischio
seriamente la vita un paio di volte al giorno, quando salgo e quando scendo,
che se torno ubriaco una sera mi converrà buttarmi sul divano, anche perchè il
mio tonfo se cadessi sveglierebbe i vicini e già li propino musica rock ad ogni
ora del giorno, non vorrei essere troppo scortese.
Salgo in metro, che mi sento già
arrivato, 5 fermate a centrale, 7 a Garibaldi, 10 a Cadorna, ma chi se ne
frega, di treni oggi non ne ho da prendere, scendo a porta Genova, altre 7
fermate, e il tempo di innamorarmi due o tre volte, che in metro, per
innamorarsi ci vuole un secondo, basta uno sguardo, un taglio di capelli, un
vestito aderente. alla prossima scendiamo e andiamo a mangiare qualcosa, io e
la ragazza con la coda alta, bellissima. Due piatti di risotto giallo, o al
massimo un fast food, forse non sembra romantico, ma il romanticismo si crea,
fanculo a candele e violini, meglio una macchina, musica rock e la sabbia sotto
i piedi una volta arrivati al mare. Scende all'improvviso, persa per sempre,
meglio così, che stasera suona Gogol Bordello all'Alcatraz, chi aveva tempo di
innamorarsi oggi?!
Fuori ci sono 2 gradi ma dentro all’Alcatraz
sembra di stare in piazza sotto il sole d’estate, 30 gradi, tutti sudati, un
pogo da paura, giusto per ricordarmi che il gypsy punk è una delle cose
migliori che i balcanici abbiano inventato nella loro storia, insieme al gulash
probabilmente. Doccia prima di dormire e dopo poche ore in piedi, computer,
carta da schizzo, università. Finalmente dopo tanto sono contento di andarci.
Un posto diventa veramente casa tua
quando trovi un bar dove andare nei momenti vuoti della giornata, uno di quelli
dove entri e sai subito dove appoggiare il cappotto e dove sederti, sempre lo
stesso tavolo, che se ci trovi una persona lì seduta un po’ girano le palle, ma
devi far finta di niente. L’Upcycle è ufficialmente il mio bar di Milano, non
ha nemmeno la rottura di palle che ti freghino il tavolo, ne ha due lunghi
quindici metri, ci si siede un po’ dove si trova. La torta cioccolato e frutti
di bosco non è una torta, è un’esperienza trascendentale, ascetica, quasi mistica.
Non ho ancora internet quindi se mi
serve la connessione compro una fetta di torta e uso il loro wifi. Avevo
trovato una rete protetta che arrivava a casa mia, si chiamava “pretty fly for
a WiFi”, purtroppo non sono stati cos’ idioti da mettere una password tipo
“offspring”.
La più banale delle operazioni in rete quindi,
comporta esborso di soldi e incremento di grassi e calorie. Tanto ora arrivano
le cene di Natale, che senso ha tenersi in forma?! Tanto vale sfondarsi anche
prima.
Un po’ quello che pensavo in giro per
l’artigiano in fiera, un crepes, un fritto misto, qualche assaggio, la vodka e
il caviale. Non c’è natale senza l’artigiano in fiera.
Nonostante
quello che normalmente si possa pensare, Milano, è bellissima.
Mille
chiese nascoste, tra i palazzi, negli slarghi, sorprendono e stupiscono ad ogni
via. La nebbia, la mattina, che annega tutto nel mistero. La 90 che passa,
stracolma.
Da
colonne a Porta Genova a tratti, ma proprio a tratti sembra di stare a Camden
Town, piccoli negozi pseudo vintage, vetrine originali, design, arte.
Negozi
di giovani architetti e designer che vendono vestiti, a conferma che quelli in
gamba riescono a farcela ancora, o almeno ci provano, e tanto basta per ora.
In
colonne è pieno di punkabbestia, gli sguardi intimoriti dei passanti, io un po’
me la rido perché per una volta mi sembra di stare a Berlino, a Londra, a
Copenaghen ed invece sono qui a Milano,
per una volta riesco a sentire un po’ di Europa a casa mia, che questa
Milano, se davvero volesse, e forse lo vuole, non avrebbe niente da invidiare a
nessuno.
Hanno
anche fatto l’albero in duomo, ormai ci siamo, tutte
le luci sono accese la gente corre per negozi, il fermento si percepisce a
vista d’occhio.
E’ quasi commovente la gente a Natale, anche se io
ormai non faccio testo, mi commuovo con una facilità disarmante. Mi commuovo
quando azzecco il tempo di cottura delle costine di maiale, mi commuovo quando
la copisteria mi stampa una tavola giusta al primo colpo, mi commuovo persino
durante l’eliminazione di masterchef.
Che bella Milano a natale, che come dice il grande
Lucio, quando passa piange, e ci rimane male. Dal canto mio, rimane il tempo
per due passi in corso Buenos Aires ad osservare la gente che compra regali e
si spintona alla cassa, una bicchiere di vino, una sigaretta, e domani torno
dove il natale è ancora più bello che qui, a casa mia.
Due settimane di licenza e poi torno, Milano, che con te ho appena cominciato.
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