sabato 7 dicembre 2013

Aspettando Godot

È come un giorno d'allegrezza pieno,
Giorno chiaro, sereno,
Che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
Stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
Ch'anco tardi a venir non ti sia grave.

G. Leopardi


Di tutte le date che compongono l’anno solare, il 7 dicembre rimane una delle mie preferite.
La stessa ammirazione la nutro per il 23 e il 24, sempre di dicembre, il 13 gennaio, una data di luglio che varia ogni anno, e il mese di maggio, tutto. La cosa che hanno in comune questi giorni è che sono tutti l’inizio di uno dei periodi prima di qualcosa, uno dei periodi che anticipano qualche evento. Il 13 gennaio è il giorno prima del mio compleanno, la data variabile di luglio è quella in cui inizia la settimana prima di partite per un viaggio, il mese di maggio è il preludio dell’estate, in generale, il 23 dicembre la vigilia di natale, il 24 dicembre, la mattina di natale.
Il 7 dicembre, è il giorno prima dell’avvento, cioè, del periodo di attesa per antonomasia, un’apoteosi irresistibile per me, intanto perché dura tre settimane, e poi perché è un sensualissimo periodo che in un modo o nell’altro tutti sentono e non lascia indifferente quasi nessuno.
Succede da sempre, o almeno da quando compravo il famoso calendario con il cioccolato dentro, che questo periodo ha su di me un’alone meraviglioso che, nonostante passino i tempi, ogni anno mi sorprende per quanto rimanga uguale e abbia sempre e comunque lo stesso effetto.
Le vetrine dei negozi si colorano di rosso ed agrifoglio, anche se il più delle volte quello che davvero punge sono i prezzi che espongono. Il fermento, per le strade, di chi non sa cosa regalare, come se si dovesse regalare per forza qualcosa, i ritardatari cronici, presi dal panico, spingono in coda alla cassa. Tutto si addobba, si colora. Pentolini di cioccolata sui fornelli, film di natale, ad addolcirci dentro e tentare di scaldarci. Prove di tacchino al forno, che se viene bene a natale lo facciamo. Il profumo dei mandarini. La frutta secca. Preparativi per la festa, chissà quest’anno come sarà bella, più bella che mai, sicuramente dev’esserlo più dell’anno scorso. La gente che si telefona, non si sentiva da mesi, dobbiamo vederci assolutamente prima di natale, per scambiarci i regali, o almeno per dire due cazzate. Il prete del paese che prova e riprova l’omelia della messa di mezzanotte, scrive, cancella, ripete, non funziona, cancella, da capo. I bambini che aspettano con infinita impazienza di scartare i regali che giorno dopo giorno pregustano.
A maggio invece, le piante si sono appena riempite di germogli, ed alcune già di piccole foglie decise a crescere, ad essere pronte in tempo per l’inizio dell’estate. Le giornate diventano estremamente più lunghe, repentine, invogliandoci a cogliere un piccolo antipasto di quello che a breve sarà. Servitevi pure. Si organizzano definitivamente le vacanze, non si può più temporeggiare, c’è da prendere una decisione, non vedo l’ora di partire. Non vedo l’ora che arrivi l’estate, che se ne vada del tutto questo freddo.
Poi arriva la settimana prima di partire per un viaggio, non c’è pronto un cazzo, ovviamente, al solito. Valigia, itinerario, passaporti, documenti, ultimi acquisti. Ho bisogno di un costume nuovo. Anche gli occhiali da sole è ora di cambiarli. Una settimana e saremo sulla strada, già sento il profumo del vento. Già lo immagino.

La bellezza dell’attesa, non tutti riescono ad apprezzarla e a considerarla un valore, anzi, talvolta sono i periodi che non si vede l’ora che finiscano. In realtà è una bellezza molto fine e parecchio sottile. Un piacere strano. Un singolare sollazzo. Un’affascinante autoimposizione.
Perché l’attesa, come ho scritto, è piena di meravigliosi attimi dei quali nutrirsi e riempirsi.
Da piccolo passavo metà dell’anno ad aspettare l’estate, e l’altra metà ad attendere Natale. Vivevo soltanto periodi d’attesa, due lunghissime maratone immaginarie che ciclicamente si ripetevano e cullavano tra loro rari periodi di riposo. E al di là di quello che possa pensare qualcuno, era bellissimo.
Perché in realtà, ho sempre avuto una propensione ad apprezzare le cose prima che accadessero, lo spazio di attesa per arrivare a qualcosa, l’attimo, subito prima della felicità. La ricerca dell’amore, tante volte molto più soddisfacente dell’amore stesso.
Questo perché nella vita serve un fine, uno scopo, un obiettivo. Avere un fine presuppone avere un periodo di attesa per arrivarci.
La consapevolezza di sapere che arriverà sempre qualcosa di bello, di nuovo, è estremamente rassicurante. Eterni obiettivi, sempre qualcosa da cercare e da aspettare.
La cosa bella dell’attesa poi, è che si inizia ad immaginare ciò che si aspetta, lo si costruisce, si inizia a viverlo nella propria mente. Lo si assapora un poco. Tanto che quel momento diventa esattamente come lo vorresti.
I periodi di attesa sono i periodi più belli dell’anno, nonché i periodi migliori della vita. La giovinezza, quando si immagina che persone saremo nel futuro, quando ci si può permettere il lusso di immaginare di diventare chiunque si voglia diventare, di vivere qualsiasi vita si voglia vivere.
Anche perché a pensarci bene nella vita di tutti i giorni si aspettano un sacco di cose, talvolta anche persone, situazioni, e se non si fa in modo di rendere piacevoli anche questi momenti, rischiamo di godere soltanto pochissimi momenti dell’anno dove succede veramente qualcosa, poche gocce in un mare smisurato. E se poi Godot non arrivasse mai?
In definitiva, l’attesa, è quello stato di piacere immenso in cui ci si può permettere di esser sereni perché semplicemente ciò che aspettiamo è ancora ben lontano dal concludersi, lo si può immaginare ancora per molto tempo, si può anche immaginare per un attimo che sia infinito, sapendo che quando finalmente, o purtroppo, arriverà, avremo paura che in un lampo svanisca.

Ciò che veramente ci tiene vivi, è la consapevolezza che domani possa essere un giorno ancora più bello, ed anche se Godot non arriverà mai, io, nel mentre, mi sarò divertito da morire.


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