Ogni anno succede così. Si inizia a pensare alle vacanze
estive appena finito Natale, con il panettone ancora da digerire e l’odore di
mandarini, le luminarie accese e il camino che scoppietta.
Idee lanciate in
aria, niente di che. Si sprecano i “ma si tanto c’è tempo” e si abusa dei “quest’anno
facciamo qualcosa di diverso”. Si sondano terreni, si propone, si chiede, i più
arditi promettono.
Poi arriva aprile, non si sa come (sembra ieri che si
brindava per capodanno). Salgono le ansie. Dove si va quest’estate?
Si parte
sparandole grosse, della serie: safari in Namibia, tenda e bicicletta a Puerto
Rico, Islanda in scooter (che tanto è piccola la si gira facile, nemmeno fosse
l’isola d’Elba). Per poi ritornare alla realtà e soprattutto al budget, di anno
in anno sempre più limitato, non so perché, convincendosi a scartare ogni ipotesi
per i motivi più futili e insensati: In Namibia sarà pieno di zanzare e
spendiamo troppo di autan, a Puerto Rico rapiscono gli europei (tutti eh,
nessuno escluso), in Islanda in scooter farà freschino, per fare due fanghi
termali tanto vale andare a Prè Saint Didier.
Ma il problema grande è che non ci si fa mai questa domanda:
ma che cosa vogliamo trovare in un viaggio?
Voglio trovare il bianco delle case della Grecia. Voglio perdermi
nelle insenature, nei costumi e nei tramonti delle sue migliaia di isole.
Voglio sentirmi lontano da casa, tanto lontano. Voglio dimenticarmi la strada
dalla quale sono arrivato. Voglio mangiare yogurt greco a colazione pranzo e
cena. Voglio citare a sproposito Platone
e Aristotele. Voglio arrivare in ritardo al traghetto e riuscire a salirci per
un pelo. Voglio scoprire calette nascoste e accenderci un fuoco la sera per
cuocere qualche spiedino con in mano una birra, tuffarmi nelle onde di mezzanotte,
e addormentarmi sulla riva perché troppo stanco per tornare dove alloggio.
E
voglio infine avere le infradito, per non avere la sabbia nelle scarpe.
Voglio trovare il carattere della Sicilia. Voglio prendere
una nave per arrivarci e stare a poppa a vedere la costa che lentamente
svanisce. Vorrei attardarmi nelle rovine dei templi di cui è disseminata per
sentire la finitura della pietra con la quale sono fatte le colonne, stupirmi
della loro grandezza, apprezzarne le proporzioni. Voglio decidere che
ingrassare, qui, ne vale la pena. Voglio sorridere dell’accento della gente del
posto e fare in modo che contamini il mio modo di parlare. Voglio innamorarmi
del loro essere caldi e passionali. Voglio vedere se è vero che in Sicilia
piangi due volte: quando arrivi e quando te ne vai.
E voglio infine indossare
le infradito, perché con le scarpe ci si prende troppo sul serio.
Voglio (ri)trovare il caldo afoso dell’Andalusia che ti
costringe ad andare a cena a mezzanotte perché prima non si riesce a fare altro
che lamentarsi del caldo che fa. Voglio impararmi a memoria la guida della
lonely planet e poi fare tutto il contrario di quello che ho programmato. Voglio
ordinare tapas a caso e ubriacarmi dolcemente di sangria, sentirla che scende
nello stomaco in punta di piedi e salire poi in testa con estrema eleganza. Voglio
accarezzare l’erba dell’Alhambra, ancora una volta. Voglio assaporare la
differenza tra il mare e l’oceano, senza riuscire a scegliere cosa preferisco. Voglio
tornare in un posto dove potrei passarci tutta la vita, o almeno guardarlo dal
finestrino mentre passo. Voglio perdermi nello sguardo di una ballerina di
flamenco e addormentarmi con la finestra dell’ostello aperta per sentire il
messicano in strada che suona e canta Manu Chao alle cinque del mattino.
E
voglio infine mettere le infradito, perché non voglio perdere tempo ad allacciarmi
le scarpe.
Ora vado a fare la valigia per Monaco, le infradito le
lascio a casa. Per ora.
Bene, hai ottimi propositi ma se vieni nella mia isola fallo prima che il sole bruci tutto.
RispondiEliminaVarca lo stretto entro la prima metà di giugno. la Sicilia è ancora verde ma la temperatura sarà prossima ai 30 gradi. Dopo solo latifondi gialli.
Mi sembri in grado di viaggiare anche culturalmente attraverso un luogo: se così fosse non dimenticare alcuni buoni libri di Sciascia, Bufalino, Pirandello e Camilleri. Capirai megglio appoggiando il cuore sul ventre dell'isola.
Ho visto che il link di questo commento era inesatto
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