Fidatevi, non leggete senza sotto questa.
Ieri, dopo
tanto tempo, ho sentito finalmente puzza di primavera.
L’ho sentita ad un tratto e senza che ci stessi pensando, è
arrivata repentina come un fulmine. E’ entrata nel naso, l’ho respirata a pieni
polmoni, per qualche secondo. Improvvisamente, è stato lampante come stia
tornando la stagione della buena vida.
Per chi non
avesse inteso, La Buena Vida è una barca, mia e di un mio amico, è la barca
della “compagnia” a dirla tutta. Si chiama così in onore di un libro che lessi
al primo anno di architettura: “la buena vida” appunto, di Inàki Abalos. Un
testo che racconta i diversi modi di abitare alcune tipologie di “case” che
hanno segnato la storia del secolo scorso, tra cui anche la Factory di Andy
Wharol ad esempio, e di come questi modi di abitare, in relazione alle correnti
del pensiero contemporaneo, abbiano influenzato il modo di progettarle. Il nome
però, non gli è stato dato perché venisse tradotto con “la bella vita”.
Assolutamente
no, la buena vida non è niente di tutto ciò. Non c’entra nulla con la vita da
milanesi al mare o da costa smeralda.
Come insegna il buon Inàki, La
buena vida si traduce con: il buon abitare, il vivere bene, di qualità e con
qualità. Questo perché, non me ne voglia Augè e le sue teorie sui
non-luoghi, ogni posto è un luogo e ogni
luogo va abitato con qualità. Anche una
barca, anche il lago secondo me. Abitare non è facile e abitare correttamente
non è affatto scontato. Anzi, credo anche che chi non sappia abitare bene non
possa nemmeno progettare bene (ma queste sono robe mie, lasciamo perdere che sto
divagando).
Ad ogni
modo, non so se avete presente come sia questo odore che dicevo. Cerco di farvi
capire cosa intendo. E’ lo stesso odore che si sente, certe sere d’estate, in
barca sul lago.
Non è sempre facile sentirlo. Capita a volte, circa un’ora dopo
che l’ultimo raggio di sole sia sparito dietro alla collina, che arrivi una
brezza, nè leggera, nè decisa, nè calda nè fredda. Spira come se non avesse mai
fatto altro nella sua vita. Accarezza la gambe e le braccia senza far venire la
pelle d’oca e scivola sull’acqua, priva di onde. Ti guarda come una ragazza
vergognosa e in quei momenti, tutto è come pensi che debba essere. E’ giusta la
temperatura, è giusta la luce, è giusto il luogo. Stai bevendo una birra, che
ha il sapore che deve avere, sei con le persone con cui dovresti essere, e
l’idea che hai in quel momento, è sicuramente la cosa giusta da fare.
Capita che
una di queste idee sia spingersi più avanti con la barca, e la cosa bella di
quando ti muovi sull’acqua, è che non capisci mai dove realmente tu sia arrivato.
Non c’è traffico che ti rallenta, né rotonde o semafori a scandire il tuo
viaggiare, non ci sono strade o cartelli e, cosa strana, non hai confini da
oltrepassare. Non si capisce mai a che livello di costa sei e quindi prosegui
tranquillo, senza capire quanto realmente ti stia allontanando da casa.
Acceleri e alzi la musica, perché non puoi davvero tenerla bassa, e magari vai incontro
al temporale che sta arrivando. Lo vedi da lontano l’orizzonte, misterioso e
terribilmente affascinante, proprio come gli
occhi di quella ragazza. Immagini che entrambi hanno una storia che vorresti
conoscere e che forse, potresti anche farne parte. E non sarebbe poi così male…
Ecco perché la buena vida, per me, per noi, per chi l’ha
provata, non è solo una barca, ma è uno stile di vita. È un’amica dalla quale vai
quando hai bisogno di sentire su di te l’effetto che fa il vento che ti arriva
addosso, che sia irruento come uno schiaffo o leggero come una brezza indefinita.
E’ un’amica che non mente mai. E’ un’amica che sa come coccolarti e cullarti
tra le sue curve, o le sue onde, come preferite…
Le prossime
settimane causa fuorisalone e trasferta a Monaco (ospitato nella dimora dello
Ziopera) non scriverò altri post miei affezionatissimi dolcissimi fedelissimi amatissimi
amicissimi. Arrivato al quattordicesimo intervento, una pausa me la posso
prendere, considerato poi che non avrei scommesso un bottone che ne avrei
scritti così tanti. O forse me la voglio prendere per segnare uno stacco,
perché la primavera che forse sta arrivando chissà che davvero non si stia
portando via questo inverno terribile e sicuramente troppo lungo.
Spero così
di poter chiudere una prima stagione del lago, e con questa, allo stesso modo,
una piccola stagione della mia vita, che poi si è capito dai, sono un po’ la
stessa cosa… In attesa di tornare, con storie magari più belle…con stagioni più
soleggiate, forse più ventilate. Più calde e più appassionate, lontane ed
erranti, malinconiche e nostalgiche. Sapendo che il lago, di stagioni, ne avrà
sempre di nuove… da vivere sulla prua di una buena vida, da innamorarsene, da
inebriarsene, da ricordare o solo da lasciar passare e forse, qualcuna, anche da
raccontare.
A presto miei cari…
Vi lascio con questa, mi piace ascoltarla quando sento che qualcosa stia cambiando in meglio
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