domenica 26 gennaio 2014

Uomo in divisa

A chi mi domanda ragione dei miei viaggi, 
solitamente rispondo che so bene quel che fuggo, ma non quel che cerco. 

(Michel De Montaigne)



All’inizio c’era Siviglia, anzi, per meglio dire, c’era la Spagna tutta. Non importava dove di preciso, bastava che fosse in Spagna. Valencia, Barcellona, Madrid, Bilbao, al limite anche Salamanca, ma pur sempre Spagna. Certo, Siviglia. Sarebbe meglio Siviglia. Il caldo, ma pure quelle sue vie con i ciottoli, strette ed intime come un segreto, che conducono ognuna in posti meravigliosi, in storie sconosciute, talvolta in bizzarre avventure, quando si è fortunati.
Poi col tempo, ho iniziato a pensare che avrei dovuto stare qualche mese in un posto più freddo, dove ci siano i pub, la birra scura, che a me non piace nemmeno, il cibo del nord, la musica elettronica, dove il giubbotto in pelle non basta e serve una sciarpa più pesante. Si ma allora dove? Scartiamo la Scandinavia tutta, troppa concorrenza, non è per sfiducia nei mie confronti, ma bisogna essere realisti, e poi la vita costa troppo, gli alcolici non ne parliamo. La Germania: Berlino sarebbe l’ideale. Monaco no, non studierei, lo confesso, ma Berlino è adeguata, come lo sarebbe Vienna, si ma il tedesco?! No, niente, scartata la Germania. L’Olanda allora, ma ci vanno tutti, troppo banale, servirebbe qualcosa di alternativo veramente, mi piacerebbe in un certo qual modo andare in un posto dove riuscire a sentirmi ancora un minimo esploratore, se non di posti almeno di culture in fermento. Poi si è palesata la soluzione: Riga, capitale della Lettonia, adagiata sul mar Baltico, in una posizione strategica per visitare anche, per brevi periodi, Vilnius, Tallin ed Helsinki. E’ Riga la soluzione, è giusta, perfetta. Si ma, la storia di voler trovare un posto freddo è una stronzata dai, fare sei mesi in infradito probabilmente è la vera priorità. E poi San Sebastian ormai ha un posto di spicco nel mio cuore, ci vivrei davvero lì, proverei proprio a restarci per molto tempo. A pensarci bene ha tutte le caratteristiche che cerco: è in Spagna, relativamente poco conosciuta, caldo, ma non così tanto, clima atlantico, surf, cibo squisito, una cultura in fermento. Peccato solo che a San Sebastian non ci sia la facoltà, e non è un problema da poco. Certo che Bilbao è proprio lì vicino, mezz’ora di treno, e a Bilbao la facoltà c’è eccome. 
Quindi tutto da rifare, cancella, perché cazzo sti mesi sono un treno che passa e non ritorna, uno di quelli da salire senza pensarci, senza nemmeno avere il biglietto, se necessario, e allora spariamola grossa: Canarie, se dobbiamo esagerare esageriamo per bene, senza fare finta. 
Poi passa la notte, e la sbronza, e forse allora anche uno sguardo all'università e ai corsi, e non solo al contesto sociale della città, per così dire, sarebbe il caso di darglielo.  
Se dovessi guardare per la tesi, si dovrebbe scegliere Riga, senza dubbio. Ma vuoi mettere la storia e la tradizione della facoltà di Siviglia?!
E non di meno Bilbao, e quindi siamo da capo. 
Poi, a voler vedere bene, c'è sempre quella fissa per il Sudamerica, e per gli Stati Uniti. 
Ma forse il Sudamerica va fatto a parte, é un discorso che esula, non è ancora il momento giusto per farlo.
Allora Stati Uniti e non ci si pensa più, sei mesi lontano, nessuna chance di tornare, a cercare oltreoceano quell'identità che così faticosamente cerco di scovare. Ma la proposta non è New York, ne Portland, ne San Francisco e nemmeno Chicago, ma una piccolo cittadina fuori da Atlanta, un po' lontana da tutto, un po’ scialba. E allora si torna a cercare nella cara vecchia Europa, nella sua storia e cultura. si rimescolano le carte. 

Si perché non è una scelta facile, anche se alla fine verrà fatta di pancia. Non a caso, sia chiaro, ma di pancia, d'istinto, che é ben diverso. Perché la scelta di questa città è come mettere le basi per la scelta della divisa che indosserò un giorno, ovvero, dell’identità che mi hanno detto che si vede che sto cercando disperatamente in giro e in quello che faccio. 
Quella divisa che mi appartiene veramente, perché di divise false e fuori misura, in effetti, se ne indossano tutti i giorni.
La divisa del supereroe, che ci ostiniamo superbamente di credere di essere, la divisa del figlio bravo, quella dello studente modello. La divisa dell’amico confidente. La divisa del vagabondo. La divisa del fidanzato attento e premuroso che lascia scivolare su di se le incolmabili differenze con l’altra persona pur di far bene il proprio compito, le si nasconde, si fa finta di non vederle, perse nelle tasche profonde di questa divisa che si attacca al corpo come una seconda pelle, difficilissimo schiodarsela, e quando ci si riesce fa un dolore cane, un dolore bastardo, si sanguina parecchio, quasi che forse la ferita non guarirà mai del tutto, perchè quando si è staccata si è portata via la tua capacità di amare ancora una donna, quella ferita cagna che torna a sanguinare bruscamente in qualche sera bagnata di vino quando ti giri e rigiri nel letto, o qualche domenica d’estate quando ti butti per terra a chiedere al cielo quante altre divise dovrai indossare prima di trovare quella della taglia giusta e del colore perfetto, a domandare un segno che suggerisca che da qualche parte, almeno, esista. 
Ma io lo so che da qualche parte c’è, quella divisa che quando è indossata non sembra nemmeno di averla perché appropriata e perfetta, diversa da tutte quelle che ho messo finora, o forse con le parti più belle di ognuna, pulita e stirata, piegata in qualche armadio, se ho culo anche profumata, che aspetta solo di essere indossata e non essere tolta più. Quell’identità maledetta che si cerca a vent’anni.
Siviglia, Riga, Bilbao, Stati Uniti o Sudamerica, non resta che scegliere una di queste mete erasmus, e partire per cercarla.




1 commento:

  1. jettare le infradito! dovrebbe esistere una legge scritta, niente erasmus a maschio che indossa infradito di gomma.

    RispondiElimina

Cosa ne pensi?