Mi beccate
in un ormai insolito momento di confessioni, in un attimo di pausa tra gli
esami da fare e gli esami di coscienza. Anche se per una volta non ho voglia di
bilanci ne di elenchi in cui provo a ricordarmi tutte quelle cose che siamo
portati a riconoscere come “fatti importanti”. Sarebbe estremamente triste,
povero e limitante. E di notte è vietato essere tristi e limitanti, poveri
invece, delle volte è concesso.
E non starò
nemmeno qui a sorseggiare con voi ricordi di cui alcuni che stanno leggendo
sono stati imprescindibili protagonisti.
Mi va di scrivere e basta.
Compio 25
anni con poche certezze e un sacco pieno di desideri, che quelli poi sono l’unica
cosa che ti tengono in vita. Le certezze sono poche, come dicevo, ma ben radicate:
l’inter mi farà soffrire finchè campo, le donne a capirle proprio non ci
riesco, una canzone di Springsteen e qualche amico sono in grado di far guarire
qualsiasi malattia, soprattutto quelle cardiache. E forse questa è la cosa
migliore che ho imparato in un quarto di secolo, a provare a curarle le
malattie cardiache. Innamorarmi è stata l’esperienza più intensa e dolorosa che
abbia mai fatto, e la consiglierei a chiunque mi chiedesse se ne vale la pena.
Vale sempre la pena. Ed il dolore arriva con qualsiasi privazione, non solo con
quelle amorose, l’ho scoperto a fine luglio, e non si è mai abbastanza pronti. Mi
costa parecchio oggi compiere 25 anni, un caro amico mi ha detto che da qui in
poi non si avrà più voglia di festeggiare un cazzo. Le cifre tonde sono sempre
un poco stronze in effetti, e se le star muoiono a 27 anni un motivo ci deve
pur essere. Se fossi un pessimista direi che da qui in avanti iniziano le rotture
di coglioni, le scelte da fare, a cui subito dopo si sommeranno tutte le
rinunce che la vita porta a fare. Nient’altro. Però le scelte una cosa bella ce
l’hanno, cioè che sono sempre giuste, perché mica puoi sapere cosa sarebbe
successo altrimenti. in fondo pessimista non lo sono mai stato. Di propositi
non me ne voglio più fare, che non servono mai ad un cazzo se non a sentirsi
inadeguato da qui ad un mese. L’unico forse è quello di seguire di più
l’istinto, che non mente mai, anche se delle volte ti porta a sguazzare nelle
fogne che fino a quel momento hai evitato con cura meticolosa. Ma l’istinto
spesso ti imprigiona anche in un vortice in cui non è possibile uscire, fatto
solo delle cose di cui abbiamo bisogno. E’ come se ci spinga quando non abbiamo
più il coraggio di volerci bene. Come quando strappa i tendini per far sgorgare
fuori le parole che ti usano per uscire da chissà dove. O ti fa prendere una
macchina fino ad una spiaggia in cui ti senti lontano da casa, a vedere l’orizzonte
che cerchi, perché mica sono tutti uguali gli orizzonti. O ti fa fare un tatuaggio con la copertina di un album che nemmeno ami. O ti fa stare tutta la
notte a fare l’amore rinunciando a tutte le mattine che ti restano pur di non
farla finire.
Mi regalo
questo post, scritto esattamente il tempo della sigaretta che mi sono acceso e
che ora è finita. Ed ora che è spenta me ne starò qui a disegnare meravigliosi
futuri con la cenere, la sua, e di questo primo quarto di secolo che si è
bruciato via in modo così bello ed intenso.
Un caro
saluto.
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