lunedì 14 aprile 2014

Kurt, il circo Zen, ed altri eroi...






C'è gente che fa del male ad altra gente senza motivo e io vorrei massacrarla.
Ma l'unica cosa che riesco a fare è urlare in un microfono.

Kurt Cobain
 


La cosa migliore che mi sia successa nell’ultima settimana è stata indubbiamente la morte della batteria del mio iphone con conseguente inaccensione (non so se esiste la parola) di esso negli ultimi tre giorni. Sono tornato al mio vecchio nokia versione preistoria e devo dire che la cosa mi ha fatto riscoprire sensazioni meravigliose che avevo dimenticato: parlare con la gente senza sentire che arriva una notifica di whatsapp o facebook, leggere l’ora dal polso e non sullo schermo, giocare a snake. La sola cosa che veramente mi manca è l’uso dell’iphone come lettore mp3 dato che avere musica da ascoltare in treno o per strada per me è più importante che indossare le scarpe sull’asfalto.
Ho iniziato a scoprire la musica e ad ascoltare quella che volevo sentire al primo anno di liceo. Fino ad allora il mio repertorio verteva fondamentalmente in un ascolto delle hit che passavano in radio, al festivalbar, e ad una conoscenza assolutamente invidiabile dell’intera discografia di Max Pezzali. La cosa ovviamente non mi rendeva fiero allora, figuratevi adesso.
Minute erano le sollecitazioni che arrivavano da mia madre che metteva a palla Phil Collins e Springsteen, ma ancora non li apprezzavo a dovere, o dai fratelli più grandi dei miei amici che magari ascoltavano band come i Blink 182 o i Green Day aprendomi di fatto le porte alla musica che da quel primo anno di liceo in poi avrei ascoltato per ogni giorno della mia vita.
Con il tempo i miei gusti si sono affinati e sono cambiati e molte band ormai le ascolto davvero poco, ma non per questo non rimangono bene impresse nel mio essere.
C’è una musica giusta per ogni età, questo blog direbbe c’è una musica adeguata ad ogni stagione. A quindici anni se sei un po’ incazzato perché le contraddizioni del mondo iniziano a diventare stridenti ascolti il punk, i ramones, i sex pistols, ti riempi la bocca di slogan tratti dai loro testi e affermi senza indugiare che cambierai il mondo, quel posto così schifoso e marcio nel quale vivi. Dopo un po’ di tempo la rabbia lascia il posto alla ribellione pacifica, alla rivoluzione interire, al viaggio nelle profondità dell’essere, convinti che prima si debba cambiare il proprio io che il mondo: ascolti i doors e i pink floyd, e nel mentre si insinua in testa il pensiero che il mondo non lo cambierai in quel modo e forse, né lo cambierai proprio né probabilmente si ricorderà di te.Una fregatura.
Tutti questi gruppi come molti altri, hanno rappresentato non solo una generazione o i giovani, ma le diverse sfaccettature del loro percorso di crescita, della personalità di milioni di ragazzi che andava a formarsi sui loro accordi e sui loro testi, il contesto culturale e sociale nel quali erano immersi.
Le prime parole di "viva", l'ultimo singolo degli Zen Circus, mi hanno conquistato dalla prima volta che ho ascoltato la canzone, a dicembre, singolo estratto in previsione del nuovo album, perché sembrava scritta per parlare di me. Io, come tanti, ventiquattrenne studente inquieto e smetto di provare a definirmi perché l’andare oltre potrebbe essere molto pericoloso.
Gli Zen Circus sanno cantare perfettamente la nostra epoca, che è quella dei miei vent’anni, così come in generale fa la musica indie, quasi che viene da chiedersi se loro (così come i cani e TARM ecc) abbiano davvero preso il posto di quelle band del passato che prima elencavo. Ma forse non è una domanda lecita perché, come dicevo prima, ad ogni stagione e ad ogni contesto sociale c’è una musica di risposta, ad ogni stagione del mondo e ad ogni stagione della persona. Motivo per cui si sente il bisogno di metter nelle canzoni espressioni come “sto twittando” o “intasandomi gmail”. E motivo per cui ho comprato “canzoni contro la natura” e sono stato a due esibizioni del magico circo Zen uno spettacolo diviso tra eredità di cantautorato nostrano e ammiccamento verso gli artisti d'oltreoceano infarciti di influenze inglesi come  i clash, percependo in entrambe le occasioni di essere al fianco di coetanei come me, dividendo gioie, sogni, inquietudine e paure, anche solo per il tempo di un assolo ma con la violenza di una pogata.
Quello che é certo é che abbiamo un estremo bisogno di qualcuno che canti la nostra epoca e anche se gli Zen non hanno la maledizione del 27 e non entreranno nella rock'n'roll hall of fame quando gli ascolterò tra vent'anni mi porteranno istantaneamente a questi giorni milanesi, la mia prima casa, la mia prima macchinetta del caffè nespresso, 400 euro al mese e il mio letto a soppalco, così come i Ramones mi ricordano i primi giri in motorino e Bob Marley mi porta su una opel zafira sporca con 7000 km di strada davanti.
Ogni generazione ha i suoi di miti, diversi, come diverse sono le angosce e le aspirazioni che le connotano. Siamo ancora inquieti, ma non come negli anni '90. Siamo inquieti perché vogliamo fare troppo, non perché non sappiamo dove andare, o almeno questa é la mia esperienza.


L'8 aprile '94 Kurt Cobain, frontman dei Nirvana nonché idolo dei ragazzi di allora veniva trovato morto nella sua casa sul lago Washington, referto dell’autopsia “morto a causa di un colpo di fucile atuinflitto alla testa”. In quello stesso istante una generazione diventava adulta, in maniera repentina e senza nemmeno il tempo di abituarsi, un po’ come succede nella reltà in effetti. Arriva la maurità un giorno, un giorno in cui si decide di imboccare una delle mille porte aperte davanti, chiudere le altre e non voltarsi più indietro, oppure come in questo caso capita che semplicemente capisci che non è più il tempo di scherzare e bisogna guardare avanti. Kurt rappresentava quella generazione spaventata ma dura allo stesso tempo, un po’ come era lui. Quella stessa generazione che ha sentito il colpo di fucile sul proprio corpo, facendo, per molti di loro, calare il sipario sulla loro giovinezza.
L'8 aprile 1994 avevo 4 anni e nulla sapevo di chi fossero kurt kobain, Novaselic e Dave Ghrol. 20 anni dopo capisco l'importanza che la musica ha sulle generazioni di giovani che incocia e quindi l’importanza che i Nirvana hanno avuto nel mondo della musica, nel rock, nella società che stava andando incontro ad un’evoluzione appunto repentina ed irreversibile, provando ad immaginare cosa potesse significare per un ventenne di allora la morte di Kurt. Perché quello che rappresentava era quell’idea che si potesse essere inquieti ma comuqnue delle rockstar, che si potesse avere problemi pur stando sotto i riflettori e che anzi, il successo non era poi così bello, quella identità che disperatamente cercava la generazione X di cui kurt era l’elemento forse più famoso e rappresentativo. Ora le cose sono un po’ diverse, ma alcuni tratti rimangono invariati: la confusione adolescenziale, il caos esistenziale, la ricerca di un’identità tra le mille a disposizione, l'ansia di diventare adulti ormai non più sfogata in un riff di chitarra ma piuttosto in un insulto su Facebook o Twitter, l'inquetudine che attanaglia, ma anche la consapevolezza dell'importanza degli errori che tutto questo genera, degli errori comuni, come quello che portarono alla creazione di cose incredibili come il riff di smels like teen spirit, rassicurandomi sul fatto che talvolta, sono proprio loro le cose buone che facciamo. Quegli errori, che a volte conducono alla morte come é successi a Kurt, ma che altre volte, ti salvano la vita.


 

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